E se la soluzione fossero le associazioni fondiarie?
E se la soluzione fossero le associazioni fondiarie?

E se la soluzione fossero le associazioni fondiarie?

Migliaia di ettari in disuso, crisi della produzione Made in Italy e dell’occupazione giovanile: le associazioni fondiarie possono essere una risposta

Oggi la rabbia degli agricoltori e produttori locali sta scuotendo l’Europa e riporta agli occhi dei governi delle problematiche già presenti da decenni. È l’occasione di mettere in luce una delle più importanti sfide del nostro paese: la produzione agro-pastorale.

Risorse perdute in un paese frammentato

Riconoscere alla montagna le funzioni produttive, oltre che turistiche, andrebbe a beneficio di tutto il paese in quanto dodici delle quattordici città metropolitane comprendono territori classificati montani o parzialmente montani. Qui, con l’aumentare dello spopolamento, cresce anche l’abbandono dei terreni in aree alpine, appenniniche, collinari a forte rischio invasione arbustiva e forestale se non vengono gestiti. Questo fenomeno è particolarmente grave in un paese dove il 91% dei comuni è a rischio frane e alluvioni e dove 3,7 milioni di ettari di terreni agricoli sono abbandonati.

I due pilastri dell’economia montana sono il turismo e l’agricoltura, ma sono entrambi in difficoltà. Il primo non garantisce un ritorno economico tutto l’anno ed il secondo è in piena crisi di ripresa d’attività, portando alla luce la problematica dell’occupazione giovanile in aree prevalentemente forestali ed agricole e fortemente parcellizzate.

Come reazione da parte del governo, nel 2016 è stata istituita la Banca delle Terre Agricole, un inventario pubblico di terreni incolti o abbandonati sui quali investire, utile per i ritornanti  e i neorurali, ma che è stato attuato in modo discontinuo tra le regioni e non ha risolto il problema della frammentazione fondiaria dei terreni incolti di proprietà privata.

In effetti la proprietà dei terreni nelle aree interne (salvo alcune eccezioni come il Trentino) è principalmente privata, suddivisa in piccole parcelle dai passaggi ereditari di generazione in generazione. Per di più, spesso i proprietari dei lotti sono difficili da rintracciare o hanno dimenticato i terreni di cui sono proprietari, non li vendono e non se ne occupano.

Associarsi per lottare contro l’abbandono e abbattere il campanilismo

Contemporaneamente sono nate le ASFO, acronimo di Associazione Fondiaria, ispirate dall’Association Foncière pastorale e ai Groupements pastoraux (1972) in Francia e di cui l’Associazione Terre de Liens (2003) è l’erede più famoso. Gli interventi legislativi sul tema sono numerosi: nel 2016 il Consiglio Regionale piemontese ha approvato la legge 21 sulle Associazioni Fondiarie) grazie al professore Andrea Cavallero della Facoltà di Agraria di Torino, e successivamente il Friuli e la Lombardia (nel 2017 in Valtellina) hanno seguito l’esempio piemontese. “La proprietà privata deve essere conservata e difesa, ma non può essere causa di gravi danni alla collettività sotto molti aspetti”. (A. Cavallero).

Il modello delle Asfo è non espropriativo e permette a privati, associazioni e comuni di mettersi insieme per recuperare e valorizzare la terra in disuso. È di fatto una libera associazione fra i proprietari dei terreni abbandonati all’interno di un comune (il comune stesso può proporre i suoi terreni) o tra comuni. Gli affittuari pagano un canone e il ricavato serve alla manutenzione perché, essendo un’associazione, l’Asfo non ha fini di lucro. Purtroppo, non c’è ancora una legge dello Stato per riconoscere il lavoro di queste associazioni che, di conseguenza, rimane simbolico e a discrezione dell’amministrazione locale.

I vantaggi delle associazioni fondiarie

Il ruolo attivo e l’impegno dei comuni attraverso strumenti come le Asfo contribuisce a ridare fiducia alla società civile nell’amministrazione. Inoltre, il loro contributo è indispensabile guardando ai terreni esposti a rischio incendio e idrogeologico (chiamati “terreni silenti” quando non è noto il proprietario). L’accorpamento delle superfici è l’unica soluzione ma deve essere accompagnata e incentivata anche in fase di successioni.

Questa forma associativa condivisa per lo sviluppo dell’agricoltura in senso largo favorirebbe a catena dei nuovi insediamenti residenziali e produttivi, minimizzando il rischio di usucapione tra privati e contribuendo alla conservazione della biodiversità e al contenimento del bosco d’invasione. E, non dimentichiamocelo, all’estetica del paesaggio che rende il nostro paese un terreno fertile per il turismo lento.

Sull’autrice:

Auriane Borras, di nazionalità francese, è urbanista di formazione e fundraiser di professione a Milano dal 2015. Sensibile alla tematica della preservazione e del recupero del patrimonio, in particolare dei borghi in via di spopolamento, cerca di sviluppare un approccio pluridisciplinare alla cura del territorio.