E’ ormai trascorso un mese dalla fine del Grand Tour di Rifai: il momento giusto per ricordarne le tappe e riflettere sul senso di questa esperienza
Un tempo il Grand Tour era un lungo viaggio nell’Europa continentale che i giovani dell’aristocrazia europea intraprendevano per conoscere la politica, la cultura, l’arte e le antichità dei paesi europei.
Prendendo spunto da questa nobile iniziativa, noi della Rete Rifai abbiamo ideato un itinerario focalizzato sul conoscere modelli di innovazione sociale e di inclusione giovanile nell’impegno civico imparando direttamente dai comuni e dalle realtà delle Aree Interne che li attuano. Un’esperienza insolita che ha unito sport, natura, socialità e formazione, una Summer School itinerante per incontrare sul territorio esempi concreti di progetti vincenti in aree montane e dare un grande messaggio di speranza per i luoghi più affascinanti del nostro Paese: di fronte alle sfide, possiamo essere agenti di un cambiamento auspicato e necessario.
Il senso del Grand Tour
Ma cos’è stato il Rifai Grand Tour? Quasi un mese dopo, questa domanda continua a non essere facile da rispondere. Perchè? Perché è stato tante cose.
È stata una settimana in cui abbiamo attraversato le valli occitane da Sud a Nord, percorrendo varie tipologie di ambienti e sentieri alpini, dalle borgate agli alpeggi in quota, dalle strade forestali ai sentieri di alta montagna e con la sagoma del Monviso sempre ad attenderci all’orizzonte. Da Rittana a Pomaretto, dalla Valle Stura alla Val Germanasca passando per Grana, Maira, Varaita, Po e Pellice.
Sono stati 130 chilometri, quasi 6000 metri di dislivello complessivo e un’infinità di persone conosciute lungo il viaggio. Alcune erano compagni, altre erano in programma. Altre ancora, invece, le abbiamo trovate per caso lungo la via e forse, per il loro essere inaspettate, queste ultime sono state quelle che hanno arricchito oltremodo l’esperienza di viaggio.
È stato anche un ritorno alle origini, perché la Valle Stura è anche il luogo da dove è partito il cammino della Rete Rifai ormai 3 anni fa ed è stato, infine, il tentativo di iniziare a tracciare un “sentiero capace di futuro”, che percorrendo varie tappe lungo le nostre montagne ci porti ad incontrare realtà, persone ed esperienze capaci di dimostrare che c’è speranza, c’è fermento, e che una vita in montagna è possibile. Un tentativo di raccontare a tutti i giovani che ci hanno seguito che esiste un nuovo modo di intendere le montagne che ha bisogno di essere sostenuto e nel quale loro, che sono il futuro del paese e della montagna, possono impegnarsi perché possa diventare una realtà.
È stato, insomma, un itinerario per farsi contaminare dalle esperienze virtuose disseminate nelle valli piemontesi e tornare a casa con tanti chilometri nelle gambe e tante idee nella testa.
Le tappe del Grand Tour
Nella borgata di Gorrè Soprano siamo stati accolti dal Distretto Montagna Futura, un partenariato pubblico-privato che attraverso l’organizzazione di corsi artistici ed eventi culturali offre intrattenimento e anima 4 piccoli comuni della Valle Stura durante tutto l’anno.
A Villa San Pietro abbiamo incontrato l’Ecomuseo del Castelmagno, che dal 2007 si impegna per valorizzare le attività tradizionali e far scoprire le specificità del territorio di produzione di uno dei formaggi più desiderati al mondo. Poi, qualche chilometro più tardi, al bar Abrì di Pradleves, alcuni rappresentanti della Cooperativa Emotion Alps e del contratto di rete InGrana, la prima impegnata nel riavviare attività economiche locali in modo da offrire opportunità lavorative in Valle Grana, il secondo, invece, un utilissimo strumento legale per scambiare liberamente mezzi, strumenti e manodopera tra le aziende partner.
A Podio, in Val Maira, abbiamo avuto il piacere di essere ricevuti da LoPuy, un piccolo mondo alpino rinato grazie all’introduzione di un allevamento stanziale di capre e da cui a ruota sono sorti un caseificio, un agriturismo e un laboratorio di ceramica. Ma questo in fondo si sa, dalle capre possono venire solo cose buone!
Ci siamo diretti in seguito verso Melle, dove ci attendeva l’esperienza degli Antagonisti, i quali ci hanno insegnato che anche il luppolo in montagna può essere molto generativo, in questo caso donando un’omonima brew firm, un Birroschio, un’Officina ristorante, un Ostello e tante altre cose belle.
Da lì la via (e un paio di autostop) ci ha portato ai piedi del Re di Pietra. Ad Ostana abbiamo trovato riparo nel rifugio Galaberna della Cooperativa di Comunità Viso a Viso, un progetto imprenditoriale rivolto alla comunità e ai visitatori che prevede un’offerta di servizi e attività basate sulla stagionalità e sulla diversificazione di impresa.
Passando per le sorgenti del Po e tuffandoci nei Tumpi siamo giunti a Torre Pellice, ospiti all’Ostello Villa Olanda della Diaconia Valdese, una realtà che attraverso progetti di assistenza, integrazione e accoglienza nelle comunità montane dà un importante apporto all’economia locale.
Al traguardo della Val Germanasca, infine, ad attenderci c’erano l’Associazione Sviluppo Pomaretto, il Sindaco del Comune stesso ed un gran clima festoso. Qui siamo stati testimoni di come la tenacia di un’amministrazione pubblica, quando ha la testa ben salda verso la programmazione del territorio per il futuro, possa dare lei stessa l’impulso per il recupero di filiere e attività in loco.
Articolo di Giulio Nascimben, socio di RIFAI,co-ideatore e partecipante del Grand Tour.