Da dove arrivano i fondi dei GAL? Come accedervi? Ma soprattutto, cos’è un GAL? Ne abbiamo parlato con Carlo Salot, animatore territoriale del GAL Escartons e Valli Valdesi
GAL. LEADER. SSL. PAC. FEASR. PSP. CSR.
Sono solo alcuni degli acronimi che popolano l’universo dello sviluppo locale. Per fare un po’ di chiarezza abbiamo incontrato Carlo Salot del GAL Escartons e Valli Valdesi, ente che opera nel Piemonte Nord occidentale su un territorio di 67 comuni.
Dopo una triennale in economia e commercio, Carlo ha capito che più che il mondo della finanza e delle multinazionali a interessarlo era il concreto del territorio montano in cui è nato e la sfida del suo sviluppo. Da lì gli studi in Local Development a Padova, qualche esperienza in progetti europei di cooperazione transfrontaliera per poi approdare al GAL EVV, dove oggi è animatore territoriale e supporta i potenziali beneficiari ad accedere ai contributi pubblici erogati dall’ente. Non potremmo avere una guida migliore per capire come funziona un GAL.
Cos’è un GAL?
Per districarci in questo labirinto di sigle partiamo proprio da GAL, che sta per Gruppo di Azione Locale. Un GAL è un partenariato pubblico privato, e quindi un’espressione spontanea del territorio che nasce dalla volontà di attori pubblici e privati di associarsi per costruire una visione condivisa di sviluppo territoriale. Sono partenariati a geometrie variabili, per cui a livello italiano ed europeo possono assumere le più diverse forme giuridiche.
Una cosa hanno però in comune: tutti si occupano di redigere e implementare la propria SSL, ovvero Strategia di Sviluppo Locale. “Si tratta di un documento programmatico di linee guida che definisce l’utilizzo di una serie di fondi per un determinato periodo di tempo con degli obiettivi e delle azioni”, spiega Carlo. Le SSL sono legate ai cicli di programmazione europea: per il settennio 2023-2027 parliamo di SSL, mentre nel ciclo precedente la sigla di riferimento era PSL, Piano di Sviluppo Locale. Agli acronimi piace cambiare.
Ogni SSL definisce le linee guida per l’erogazione dei fondi gestiti dai GAL, che arrivano dai fondi strutturali dell’Unione Europea sulla base dell’approccio LEADER, sviluppato a inizio anni ’90 per superare la rigidità e l’inefficacia degli approcci top-down delle politiche europee. LEADER è l’acronimo dell’espressione francese Liaison Entre Actions de Développement de l’Économie Rurale. Come racconta Carlo, “identifica un approccio allo sviluppo territoriale mirato a favorire la creazione di reti e di relazioni tra attori locali per potenziare lo sviluppo economico e sociale di un territorio caratterizzata da una certa marginalità, da un ritardo nello sviluppo economico e dallo spopolamento”. È dall’approccio LEADER che hanno origine i GAL (o LAG in Europa, Local Action Group) in cui i soggetti del territorio diventano attori dello sviluppo e non solo beneficiari passivi.
Dopo una fase di sperimentazione, il programma LEADER è stato associato al FEASR, ovvero il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale, per diventare una costola della PAC, la Politica Agricola Comune. “Questo origina confusione”, avverte Carlo. “Nonostante il senso comune indichi diversamente e i GAL siano finanziati con il FEASR, i GAL e lo sviluppo locale non vogliono dire solo agricoltura”. L’approccio di un GAL allo sviluppo locale è ben più ampio e abbraccia anche lo sviluppo di comunità, la cultura, l’economia dei territori, con uno sguardo omnicomprensivo in cui il settore agricolo ha un ruolo importante ma non esclusivo. “Un GAL sostiene progetti agricoli nel momento in cui hanno una ricaduta sostanziale sullo sviluppo territoriale, sono funzionali alla vita in un determinato contesto e permettono di favorire la multifunzionalità agricola e attivare servizi paralleli”.
Come nasce una Strategia di Sviluppo Locale
“Una SSL non è altro che la declinazione locale e specifica delle direttive e dei regolamenti dell’Unione Europea per la gestione dei fondi destinati allo sviluppo delle aree rurali”, racconta Carlo. Possiamo immaginare il GAL come un ponte tra le indicazioni dell’Europa e le necessità del proprio territorio attraverso un processo a cascata dal livello comunitario al livello nazionale, regionale e infine locale.
Proviamo allora a seguire il processo di redazione di una SSL risalendone fino alle origini, ovvero i regolamenti e le direttive europee che ogni sette anni ridefiniscono il funzionamento dei fondi strutturali europei per ogni ciclo di programmazione. In particolare, nel FEASR c’è un regolamento dedicato all’implementazione del programma LEADER – all’interno della PAC – che viene recepito dagli stati membri con un piano di implementazione nazionale. Per l’Italia, il piano di implementazione della PAC si chiama PSP – Piano Strategico della PAC 2023-2027 (con il solito avvertimento di non affezionarsi troppo alle sigle, che cambiano a ogni ciclo di programmazione)
Il PSP è un documento imponente che definisce le priorità dell’Italia sulla base delle linee guida europee, e lo fa attraverso una serie di schede di intervento: queste sono le tipologie di azione che le autorità regionali, e poi i GAL a livello locale, possono attivare per sostenere progetti specifici.
Scendiamo così a livello regionale, dove il PSP viene recepito con il CSR – Complemento Sviluppo Rurale. Questo documento cala nel contesto regionale le schede di intervento ritenute più adatte a seconda delle condizioni locali.
“E’ un lavoro di filtro dal generale al particolare, dal livello europeo fino al livello regionale”, chiarisce Carlo.
All’interno del CSR viene inserita solitamente una scheda di intervento rivolta ai GAL, che in questa programmazione è indicata dalla sigla SRG06 e che costituisce una traccia per la definizione della SSL. Il lavoro del GAL è quindi adattare interventi pensati al livello della Commissione Europea al proprio contesto territoriale specifico, calando i bisogni del territorio all’interno di un framework europeo.
“I GAL non hanno risorse garantite”, puntualizza Carlo. “A ogni ciclo di programmazione presentano una domanda di finanziamento con un progetto, che è la SSL stessa, alla loro autorità competente che redige una graduatoria e finanzia i GAL in base alla virtù del loro progetto”. Ed è così che, dopo uno slalom a molteplici livelli di governance, una SSL vede finalmente la luce.
Com’è fatta una SSL
Una SSL è composta da una serie di schede di intervento che verranno a loro volta tradotte in bandi rivolti soprattutto a imprese e enti pubblici. “I GAL possono sostenere tramite bandi dei progetti di investimento e permettono di accedere a contributi a fondo perduto in conto capitale per una percentuale dell’investimento previsto”.
Ogni GAL ha la sua SSL declinata sulla base delle esigenze territoriali; nel caso del GAL EVV, la SSL “GALassie di comunità” per la programmazione 23-27 ha come perno la scheda SRG07 – Cooperazione per lo sviluppo rurale, locale e smart villages.
“Tutti gli interventi che abbiamo attivato sono funzionali al tema degli Smart Village”, conferma Carlo. “L’approccio Smart Village permette a gruppi di attori locali di costruire una propria strategia di sviluppo che abbia una visione e sostiene progetti di investimento che abbiano una vocazione strategica e connessa allo sviluppo territoriale del territorio in cui si in cui si inseriscono”
Gli Smart Village sono definiti come comunità omogenee dal punto di vista funzionale e strategico che sviluppano soluzioni intelligenti per affrontare le sfide nel proprio contesto locale. Il GAL intende in questo senso svolgere un’azione di accompagnamento per favorire l’emersione di idee intelligenti attraverso due bandi dedicati: il primo per sostenere la costituzione dei partenariati e lo sviluppo di idee progettuali, il secondo per poi sostenere investimenti in ottica smart villages da parte di quegli stessi partenariati. Un altro faro della strategia EVV è il sostegno agli spazi generativi, intesi come luoghi terzi e spazi multiservizi in aree montane, seguendo la linea tracciata dal dossier di Uncem “Luoghi di comunità”.
I nuovi bandi e come parteciparvi
I bandi del nuovo settennio 2023-2027 hanno tempi di pubblicazione diversi di regione in regione. In alcune, come la Lombardia, i primi bandi della nuova SSL sono già stati pubblicati, in altre sono stati chiusi di recente gli ultimi bandi della scorsa programmazione, in altre ancora i primi bandi verranno pubblicati a inizio dell’estate.
Vi sono però alcuni consigli sempre validi per candidarsi a un bando di un GAL che Carlo riassume per noi:
- Leggere attentamente il bando e la strategia del GAL, approfondendo concetti e parole che non si conoscono;
- Contattare il GAL e confrontarsi con lo staff dei GAL per capire se il progetto che si ha in mente può essere efficace e finanziabile;
- Verificare quali siano le modalità di presentazione della domanda: in alcune regioni la domanda è presentata in forma cartacea, in altre occorre caricarla su un sistema informatico (e occorre allora prendervi dimestichezza), in altri casi ancora occorre iscriversi a un’anagrafe agricola;
- Dialogare con gli attori del territorio per capire a livello di comune o di Unione montana altri stanno già lavorando nel proprio ambito di interesse e se vi sono sinergie possibili, cercando la collaborazione con altri attori anziché moltiplicare gli sforzi di investimento;
- Approcciarsi alla candidatura con serietà, valutando l’impegno richiesto per portarla a termine e per attuare il progetto una volta approvato.
Gli animatori territoriali del GAL sono a disposizione per indirizzare i potenziali beneficiari verso i giusti progetti di investimento. “Le risorse dei GAL sono pensate come strumenti di attivazione e sostegno iniziale ad alcuni progetti che poi possano ricercare risorse anche al di fuori della SSL”, spiega Carlo. “Vogliamo premiare quei progetti che abbiano la prospettiva di portare risorse altre sul territorio, con una visione strategica”.