Come avviare uno scambio generativo con l’amministrazione pubblica nelle Aree Interne? Ne abbiamo parlato con Mattia Baldovin, fondatore della Consulta Giovani Cadore
Giovani e politica, due universi che a volte non entrano in contatto. Una classe di amministratori poco lungimiranti, sordi ai bisogni dei più giovani, irrigiditi su posizioni vecchie di decenni e incapaci di cogliere la necessità di innovare. Una generazione intera che reagisce allontanandosi dalle istituzioni e rinunciando a ogni forma di interazione con queste.
Eppure è possibile immaginare una relazione diversa, e i semi di questo cambiamento stanno già germogliando nelle nostre aree interne. È una narrazione nuova, fatta di dialogo, ascolto reciproco e collaborazione nella co-progettazione di politiche giovanili capaci di arrestare l’emorragia di abitanti in corso e rendere i territori nuovamente attraenti e vitali. Un esempio arriva dal Cadore, regione storica del Veneto tra le montagne bellunesi, dove è nata la Consulta Giovani Cadore con l’obiettivo di instaurare un dialogo costruttivo con la collettività e le amministrazioni e incoraggiare la cittadinanza attiva. Abbiamo incontrato Mattia Baldovin, fondatore della Consulta, per riflettere sulle modalità con cui i giovani delle aree interne possono presentare le proprie istanze ai politici locali e far sentire la propria voce.
Una Consulta Giovani per creare reti territoriali
“Tre anni fa, quando ho fondato la Consulta, sono partito da un’analisi concreta e reale dei nostri territori”, racconta Mattia, 33 anni e tanta voglia di portare un cambiamento tangibile. “O mettiamo in campo un’inversione di marcia e andiamo a creare le condizioni per cui più giovani si avvicinino alla cittadinanza attiva o per le aree interne non c’è alcuna prospettiva di futuro”.
Cadorino di nascita, “ritornante” dopo anni passati a lavorare in giro per l’Italia, Mattia si è scontrato con un territorio spogliato da una politica che definisce “povera” e poco accorta.
Sono lontani gli anni in cui il distretto industriale dell’occhialeria trainava l’economia locale: oggi il Cadore deve fare i conti con un progressivo spopolamento, mentre i giovani fuggono da un territorio che sembra non voler ascoltare i loro bisogni. C’è tanto da ricostruire, a partire dalla fiducia intergenerazionale. “Quello che possono fare i giovani è prendersi uno spazio politico e creare un percorso diverso che parte dalla collaborazione”, spiega Mattia che, ispirato dalle esperienze di altre consulte giovanili, nel 2019 ha immaginato di replicarle sul suo territorio.
“Ho pensato alla Consulta come un gruppo di giovani che deve mettere al centro la formazione, i laboratori, attività che comportino conoscenza ed esperienza in qualunque ambito, per portare sul nostro territorio una moltitudine di attività e iniziative così da garantire una scelta”, ricorda Mattia. Nella sua visione, la vocazione della Consulta è la creazione di reti di dialogo con gli altri attori del territorio. “Un’associazione lontana dai partiti, ma vicina alla politica e alla cittadinanza attiva”.
Lavorare sul territorio per i giovani
Da quel 2019 a oggi la Consulta è cresciuta: nel 2022 si è costituita come APS, e ora ha una sede fisica a Domegge di Cadore e tanti soci che hanno accettato la sfida. “L’associazione esiste perché tutti i giovani che ci credono hanno messo le loro energie e forze per farla funzionare e questa è la dimostrazione pratica del fare squadre”, riconosce il fondatore.
Stimolare la cittadinanza attiva tra i più giovani è una delle mission centrali della Consulta Giovani Cadore. “C’è una generazione al governo che ipotizza di conoscere i bisogni di una generazione nuova senza davvero indagarli”, constata Mattia. “Ma se non c’è l’incontro non si va da nessuna parte”. Per questo motivo, fin dalla sua nascita la Consulta ha ricercato attivamente l’incontro con le amministrazioni locali, nell’ottica di creare uno scambio generativo per il territorio. Dosoledo e Auronzo di Cadore sono solo alcuni degli enti comunali che la Consulta ha incontrato negli ultimi mesi del 2022.
Certo, dialogare con gli amministratori non è mai semplice. “Quando ho iniziato a contattare gli enti comunali sono iniziati a venire i primi nodi al pettine, perché tutti parlano di giovani ma lo fanno senza avere alcun tipo di comprensione reale del territorio”, ricorda Mattia. Eppure il lavoro di tessitura non deve arrestarsi di fronte a questi ostacoli, e il fondatore della Consulta ha messo a punto delle strategie per semplificare il dialogo tra le parti e avanzare proposte in modo efficace.
Qualche consiglio per farsi sentire dagli amministratori locali
Per prima cosa, occorre presentare proposte concrete e attuabili. “Quando vai a raccontare un progetto devi strutturarlo, dettagliarlo bene e dargli un’ottica di sostenibilità economica”, spiega Mattia. “Nel momento in cui proponi un progetto che è interessante e anche sostenibile non ci sono più scuse per tirarsi indietro. Se ci si tira comunque indietro si è di fronte a un problema di natura diversa, perché manca la volontà politica”.
In secondo luogo, è fondamentale porsi di fronte agli interlocutori politici “con molta umiltà ed educazione, anche se a volte può essere difficile perché abbiamo tanta energia e voglia di cambiare le cose e anche un po’ di rabbia per il poco ascolto”. La ricetta ideale sta nell’equilibrio: essere pressanti in maniera costruttiva, propositivi, concreti, talvolta spigolosi nelle proprie osservazioni ma sempre con moderazione. “Quindi dico questo ai giovani: non abbiate paura, non fatevi intimidire e affinate la capacità e il fiuto di comprendere come e quando dire le cose”, raccomanda Mattia, che incoraggia i giovani a dimostrare agli amministratori che è possibile lavorare in modo nuovo e collaborativo.
“Ad oggi la politica nazionale lavora per slogan”, riflette con una punta di amarezza. “Dobbiamo stravolgere questo modo di lavorare, altrimenti in futuro avremo una classe politica seduta in poltrona che con il telecomando cambia i vari argomenti”. Le aree interne presentano la dimensione ideale per introdurre questo cambio di paradigma. “Se nel tuo paesino metti in piedi un progetto e lo realizzi tutti vedono la concretezza di quello che stai facendo”.
La visione della Consulta Giovani Cadore
La Consulta ha un grande progetto per il Cadore: portare sul territorio varie opportunità di formazione per i giovani, dando loro nuove prospettive per costruirsi il proprio futuro lì dove hanno le radici. “Lo spopolamento parte anche dal fatto che qui non ti arriva niente di gratuito”, constata Mattia, che mira a far fruttare fondi e bandi pubblici per costruire percorsi formativi accessibili a tutti. “È un segnale per affermare che i giovani sono importanti e che meritano di ricevere qualcosa dal territorio. Serve un sistema di welfare diverso, creato collettivamente da Enti del Terzo Settore, amministrazione pubblica e mondo economico”.
Ogni tanto sembra che noi giovani dobbiamo costruirci da soli il nostro sistema di welfare, senza incontrare una mano tesa pronta ad aiutarci. Messi di fronte a territori sterili e immobili, dobbiamo sapervi leggere le potenzialità per la nostra vita, tradurre i nostri bisogni in progetti, presentarli a chi quei territori li amministra ed esporci agli inevitabili commenti di chi invece ha perduto quella capacità di visione. C’è un grosso peso sulle nostre spalle, eppure, come ricorda Mattia, “il cambiamento dei territori parte dalle persone che li vivono e soprattutto dai giovani, che hanno le energie, la voglia, l’apertura mentale e l’esperienza”.
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