Come abitare un luogo con le cicatrici del terremoto? Nel abbiamo parlato con Glauco Orsini, giovane abitante di Loro Piceno
Siamo qui oggi con Glauco Orsini, giovane residente di Loro Piceno, un piccolo paese delle Marche che ha subito pesanti danni a causa del terremoto del 2016. Oggi avremo l’opportunità di ascoltare la sua esperienza personale, scoprire il suo percorso di vita e approfondire come il terremoto abbia influenzato la sua vita e i suoi progetti futuri. Attraverso le sue parole, ci immergeremo nella sua storia e nel modo in cui ha affrontato le sfide che il terremoto ha presentato.
Iniziamo chiedendoti di parlare un po’ di te. Come ti chiami e di cosa ti occupi?
Mi chiamo Glauco Orsini, vivo e sono originario di Loro Piceno, un piccolo paesino fortemente colpito dal terremoto in provincia di Macerata, nelle Marche. Mi occupo di servire delle buone scoperchiature e del rosso Conero ai clienti in un bellissimo posto nella riserva naturale dell’Abbadia di Fiastra, quindi faccio il cameriere, e nel frattempo studio per diventare enologo. Quando c’è stato il terremoto, nel 2016, non avevo un’occupazione.
Come il terremoto ha influenzato la tua vita?
Vivere nel “cratere” è a volte un atto sociale, una missione di presidio territoriale. Avevo un costante pensiero che potesse succedere l’irrimediabile sopra di me e sopra la mia famiglia. Tuttavia, abbiamo fatto questa scelta di restare nella nostra dimora e nel nostro paese perché non avevamo altri posti dove andare. Siamo corsi al riparo acquistando dei sacchi a pelo, uno per ogni componente della famiglia. Abbiamo deciso di dormire per qualche notte nella palestra comunale, insieme ad altre persone che come noi non avevano sistemazione, e anche questo ha influito sulla nostra serenità familiare e sul nostro benessere. A me è capitato spesso di dover dormire in auto, ma non mi è riuscito per niente facile. Questo ovviamente ha influenzato sul mio rendimento quotidiano.
Ci sono state molte situazioni però peggiori della mia, quindi io mi sento molto fortunato. Io ho la fortuna di parlare solo con persone che non sono state riguardate da conseguenze mortali e che comunque sono subito riuscite a trovare un’altra sistemazione dignitosa. Queste persone oggi, dopo quasi sette anni, soltanto ora stanno riuscendo a vedere l’inizio dei lavori sulle proprie abitazioni. Si sono dovute abituare ad un’altra casa: se ne sono andate dalla loro comfort zone, cosa che sicuramente ha inciso sulla loro sfera emotiva e sulla loro pazienza, agendo su di esse giorno dopo giorno.
Da quell’esperienza ho potuto capire che la nostra vita, per chi vive in territori sismici come il nostro, potrebbe finire da un momento all’altro, quindi è il caso di viverla con un sorriso. Abbiamo dovuto fare dei lavori: mettere chiavi e tiranti che tengono la casa stretta, per proteggerci dalla paura che possa avvenire di nuovo una cosa del genere. Abbiamo deciso di farlo per la nostra sicurezza.
Cosa vorresti dire agli altri abitanti delle zone sismiche italiane?
Alla gente come noi consiglierei di iniziare a mettere da parte qualche soldo, cosicché se un domani dovesse ripresentarsi una situazione di questo genere, riuscirebbe a rendere antisismica la propria abitazione o a costruirne una nuova con questi criteri. Il mio consiglio, di fronte a una disgrazia come questa, è sempre lo stesso: puoi arrabbiarti, ma certe cose non dipendono da noi. Bisogna imparare ad affrontarle senza permettergli di logorarci il fegato, e ricordarsi che la vita comunque ha una fine. Qualsiasi cosa accada, siamo troppo piccoli e non abbiamo il potere di impedire nulla. Per questo dobbiamo affrontare queste situazioni senza rabbia o paura, e cercare di ricordarci che bisogna vivere sereni, perché viviamo una volta sola.
Passando al luogo in cui vivi, potresti descriverci gli aspetti positivi e negativi?
Il lato positivo è che non ti dà mai fastidio nessuno… Quello negativo è la presenza di qualche personaggio da caffè che si inventa stupidaggini, non vuole farsi gli affari propri! La cosa più bella di abitare in una zona così calma è che, quando ti muore qualcuno di caro, tutto il paese ti si stringe addosso e ti dà conforto. Questa medaglia ha quindi una doppia faccia. A volte le persone sanno così tanto che si inventano cose che poi, passando di persona in persona, diventano facilmente condite. Quindi bisogna stare molto attenti a mettere la tara su ciò che senti dire, e su ciò che dici.
Parlando di miglioramenti, come pensi si possa migliorare la situazione?
Io punterei molto sull’istruzione e sulla scuola, perché secondo me alla base di ogni problema, o almeno di questo genere di problemi, c’è l’ignoranza. Una persona diventa povera mentalmente. Se dovessi migliorare le cose sicuramente io investirei sull’istruzione. Se invece dovessi trovare una soluzione più veloce sceglierei con attenzione le persone e i luoghi da frequentare.
Intervista a cura di Alice Migliori e Silvia Spinelli, socie marchigiane di RIFAI. Alice Migliori, originaria di Loro Piceno, studia valorizzazione dei beni archeologici, artistici e del paesaggio per trasmettere alle persone la bellezza del patrimonio storico, artistico, folkloristico e paesaggistico delle piccole realtà interne e montane. Silvia Spinelli si occupa di progettazione, comunicazione ed organizzazione eventi per le Aree Montane e creazione di iniziative artistiche integrate. Collabora con l’Associazione InArte e con l’Associazione Università del Camminare.