Fare volontariato per valorizzare un territorio e acquisire competenze: un viaggio tra buone pratiche e sfide per l’associazionismo locale
Siete giovani o meno giovani, avete voglia di mettervi in gioco o vi interrogate sul vostro futuro professionale? Perché non partecipare a un campo di volontariato?
I campi di volontariato vengono solitamente promossi da associazioni locali e hanno lo scopo di sensibilizzare il pubblico a varie problematiche legate ad un territorio specifico, spesso colpito da abbandono o degrado, attraverso la formazione e la condivisione. Sono anche un’occasione unica per “mettere le mani in pasta”, scoprire mestieri artigianali che rischiano di scomparire e far parte di un progetto comune. Si sa, le attività di volontariato fanno bene anche a chi le pratica!
Disuguaglianze territoriali del volontariato: tante opportunità ma poca visibilità
L’offerta di attività di volontariato è direttamente legata al luogo, spesso strategico, in cui hanno sede le organizzazioni non profit. La loro distribuzione geografica è poco omogenea: quasi la metà dei dipendenti impiegati nelle non profit italiane (46%) è concentrata in tre regioni, Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna. Al contempo, tuttavia, si assiste alla nascita e crescita di iniziative dal basso sotto varie forme giuridiche (spesso cooperative) nelle aree interne e montane, e addirittura in non-più-luoghi che diventano interessanti terreni di esplorazione, di studio e di pratica.
Si pensi in particolare ai workshop estivi organizzati da università o associazioni sfruttando le caratteristiche architettoniche e paesaggistiche di borghi abbandonati. Per citare un esempio, l’associazione Canova ha trasformato il borgo abbandonato di Ghesc, in Piemonte, in laboratorio e centro di ricerca che propone dei campi estivi sull’architettura tradizionale, perché “un luogo può essere rivitalizzato e sviluppato attraverso la ricerca e l’accoglienza di persone provenienti da tutto il mondo”, come scrive l’associazione stessa. In questo caso il recupero non è fine a se stesso perché viene data una nuova funzione al borgo, aprendolo verso l’esterno.
Gli obiettivi di qualsiasi progetto di rivitalizzazione devono rispecchiarsi nelle sue attività, tanto meglio se favoriscono lo scambio di conoscenze e l’ibridazione di competenze. Nello stesso spirito, la rete nazionale REMPART in Francia organizza dei cantieri estivi di restauro inerenti varie tecniche tradizionali non invasive (muro in pietra secca, pitture murali, vetrate, fucina…) che, oltre a permettere a giovani e studenti (francesi e di tutto il mondo) di sperimentare una via professionale, offrono loro la possibilità di scoprire un territorio tramite delle attività collettive e di incontrare la popolazione locale.
Un’unione nazionale per il volontariato a dimensione umana: il caso della rete REMPART
La storia di REMPART ha inizio nel 1966, quando il Touring Club di Francia volle incoraggiare la buona volontà generata dal programma televisivo “Capolavori in pericolo”. L’idea era quella di permettere ai volontari che avevano contribuito alla conservazione di un monumento di scambiare le loro esperienze e rafforzare così i loro strumenti d’azione. Oggi REMPART è l’unione di oltre 180 associazioni di tutela del patrimonio che si impegnano a svolgere un’azione globale basata sia sul restauro, la valorizzazione e il riuso del patrimonio, sia sulla sensibilizzazione, l’educazione e la formazione dei cittadini riuniti intorno a un progetto associativo. L’obiettivo è sostenere le piccole realtà offrendo visibilità e rappresentanza a livello istituzionale su problematiche comuni. Inoltre, riunisce partner privati o dell’economia sociale nell’area in cui opera.
I campi di volontariato vengono gestiti dall’associazione locale, che si impegna a fornire l’alloggio e i servizi ai volontari. In loco è sempre presente un coordinatore tecnico, che ha il compito di formare i volontari sulle attività di restauro, e un animatore che, oltre ad essere il punto di riferimento per i volontari, organizza il planning, gestisce il budget e facilita le relazioni con i locali.
Strutturarsi e fidelizzare per prosperare: la sfida del volontariato nelle aree interne
In Italia, e in particolar modo nelle aree interne, la grande sfida è rendere l’attività di volontariato strutturata e sostenibile.
I contributi di alcuni programmi europei, come Leader e Erasmus Plus, favoriscono questo tipo di iniziative in quanto sostengono l’apprendimento formale, non formale e informale per lo sviluppo delle competenze dei giovani e una maggior occupabilità, equità e inclusione sociale “rimuovendo le barriere artificiali tra le varie azioni e le differenti tipologie di progetti, sviluppando nuove idee, attirando nuovi attori dal mondo del lavoro e dalla società civile e stimolando nuove forme di cooperazione” (Erasmus Plus).
La candidatura a programmi di questo tipo può essere una preziosa opportunità da valutare, in quanto i bandi sono aperti sia ad associazioni che ad imprese sociali e enti pubblici, nonché gruppi informali di giovani e organismi con fini di lucro attivi nella responsabilità sociale delle imprese.
Oltre al bisogno di strutturazione, l’altra sfida è la fidelizzazione dei volontari ad un ente, e di conseguenza alla sua missione, facendo coincidere il desiderio di impegnarsi con la necessità di professionalizzare le proprie attività. Secondo uno studio francese sul volontariato nel 2022, le cui conclusioni possono essere considerate valide anche per l’Italia, i volontari di oggi hanno meno continuità nel proprio operato. Si evidenzia inoltre che più il livello di istruzione è alto più ci si impegna nella vita associativa. Introdurre la cultura del volontariato fin dalla più giovane età può favorire l’avvio di un circolo virtuoso, nonché affermarsi come fonte di realizzazione e professionalizzazione per le persone meno qualificate.
Ogni organizzazione deve poi prestare attenzione a diversi fattori per assicurarsi la fedeltà dei suoi volontari, tra cui la qualità della relazione tra ente, volontari e beneficiari, il dinamismo e il riconoscimento dell’impegno personale, la rendicontazione dell’impatto reale delle azioni anche a livello istituzionale e la capacità dell’ente di cercare risorse umane e finanziare per assicurare l’implementazione delle azioni. Se queste promesse non vengono rispettate, si corre il rischio che i volontari si allontanino progressivamente dalla causa.
Non si ripeterà mai abbastanza quanto sia importante l’attività di volontariato in quanto forma di partecipazione civica e benefica al benessere della società. E voi, avete mai dedicato un’estate al volontariato?
Articolo di Auriane Borras, socia di RIFAI, urbanista di formazione, fundraiser di professione e ex animatrice di cantieri REMPART in Francia. Da 7 anni è responsabile del Donor care e del Personal Fundraising in una Onlus a Milano.